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Il caso

  • GIALLOsuGIALLO
  • 11 feb 2016
  • Tempo di lettura: 8 min

LUOGO:

MILANO

ANNO:

2014

E' il 28 dicembre 2014. Da tre giorni a Pietro Barbini, 22 anni, arrivano telefonate con uno strano prefisso, 0011, fatte da una voce maschile dalla caratteristica «r» moscia, che ripete «Dobbiamo consegnarle un pacco regalo arrivato da Parigi», «Il suo pacco è in giacenza, non possiamo tenerlo più qui». Alla fine Pietro cede fissando un appuntamento per le 18, in via Carcano 14, zona Cermenate. Il padre Gherardo lo accompagna, fortunatamente. Sono le 17.45 del 28 dicembre. Pietro Barbini, 22 anni, ex pariniano, studente di Economia a Boston, tornato in città per Natale, cerca invano sul citofono il nome di una ditta di spedizioni, la BDG. Ma quella ditta non esiste. Pietro ancora non sa che questa serata cambierà la sua vita per sempre. Da lì a poco infatti resterà vittima di un’aggressione con lancio di acido muriatico in faccia. Un diabolico piano escogitato da Martina Levato, un'insospettabile 23enne studentessa della Bocconi, la quale così si sarebbe vendicata di lui, ex fidanzatino del liceo, colpevole di non aver voluto partecipare al triangolo amoroso ideato da lei e dal compagno Alexander Boettcher, 30 anni, sposato e gestore di un patrimonio immobiliare. Tra la Levato e Boettcher si era creato un rapporto malato, di totale sudditanza psicologica. Dalle indagini è emerso, infatti, che la giovane, ex studentessa modello del liceo Parini e compagna di classe del Barbini, sei mesi prima aveva ricontattato la sua vecchia fiamma dei tempi della scuola e gli aveva confidato tutta una serie di dettagli del suo rapporto "estremo" con Boettcher. L'uomo, appartenente ad una benestante famiglia milanese (figlio di un medico tedesco e di una ricca italiana), era stato, tra l'altro, anche candidato alle ultime elezioni regionali lombarde per la lista '3L', movimento fondato da Giulio Tremonti.

Ma qual è stato il fatto scatenante? Pietro Barbini e Martina Levato avevano ripreso a sentirsi su 'WhatsApp' dopo aver avuto una storia da ragazzini. Il giovane, dopo essere venuto a conoscenza dei dettagli (definiti dagli investigatori «allucinanti») del rapporto della studentessa con l'uomo sposato, le aveva consigliato vivamente di troncare quella relazione. Nel mese di agosto, inoltre, era stato lo stesso Boettcher a scrivere un messaggio a Pietro nel quale gli diceva, in sostanza, che Martina non meritava niente e entrambi avrebbero dovuto «coalizzarsi» contro di lei (ovvero: usarla sessualmente).

Per l'aggressione al 22enne il magistrato convalida subito i due arresti. La ragazza, ascoltata in aula dal giudice Lorella Trovato durante l'udienza di convalida dell'arresto, ammette di aver gettato l'acido addosso a Barbini, compagno di scuola al liceo Parini di Milano, cercando però di scagionare l'attuale fidanzato che, secondo la sua versione, «non era consapevole» delle sue intenzioni. Non dà invece spiegazioni sulle telefonate per attirare il giovane, che vive a Boston ma era tornato a Milano per le vacanze di Natale, in via Carcano. Boettcher invece, arrestato dalla polizia subito dopo l'aggressione, si avvale della facoltà di non rispondere. Ulteriori riscontri sul suo ruolo di Martina Levato arrivano dal racconto della vittima e dall'analisi degli sms memorizzati nel suo telefono telefono cellulare. E' arrestata nella casa dove vive insieme ai genitori a Bollate, nell'hinterland milanese. L'acido viene trovato in una casa affittata da Boettcher che si era presentato in via Giulio Carcano armato di martello.

Ma c'è un ulteriore particolare che contribuisce a gettare una luce ancora più sinistra sull'intera vicenda: quando il 28 dicembre lei getta due litri di acido muriatico in faccia all'ex compagno di liceo Pietro Barbini, è già incinta di un mese. E lo sa. La sera stessa, quando la portano in questura, confessa subito e senza un turbamento (sì, sono stata io, certo che mi rendevo conto di quel che facevo: lui mi tampinava di messaggini, ero esasperata). L'unico gesto di fragilità che esibisce è tenersi una pancia che ancora non c'è, ripetendo come un mantra: "Qui c'è il frutto del mio amore".

Bisogna inoltre sapere che la giovane era già stata denunciata da un altro uomo, Antonio Margarito, anche lui studente di economia ma alla Cattolica. L'estate precedente, aveva avuto con Martina una breve storia con sesso a Gallipoli. La notte tra il 19 e il 20 maggio, alle colonne di San Lorenzo, i due si incontrano: sembrerebbe per caso ma non lo è. Martina invita Antonio a fare un giro sulla macchina di lei, una 600. Chiacchierano, ridono, poi lei si ferma nel parcheggio di un hotel decentrato, invita lui a chiudere gli occhi e abbassarsi i pantaloni. Ha in mano un coltello da cucina, Antonio se ne accorge quando avverte qualcosa di freddo sulla coscia. Sventa il colpo, nove punti di sutura alla mano. Martina si precipita in ospedale dove dice di essere stata violentata da Margarito già in estate e che la cosa stava per ripetersi. Lui nega e la denuncia per "tentata asportazione del pene"

Una personalità particolare quella di Martina Levato: avrebbe, oltre ad un "Alexander" tatuato sotto il seno sinistro, una piccola cicatrice a forma di A sul viso, che si sarebbe fatta incidere come gesto di «eterna dedizione» nei confronti dell'amante. Nell'appartamento di Boettcher, in zona Navigli, gli inquirenti, oltre a sequestrare cinque flaconi di acido muriatico trovano anche tutta una serie di "attrezzi di lavoro": bisturi, cloroformio, pugnali, manette, frustini, un martello. Quando gli hanno chiesto a che cosa gli servisse, Boettcher avrebbe risposto che utilizzava il bisturi per incidere il suo nome sul corpo delle ragazze che lo desideravano.

Pietro, colpito un mese e mezzo fa, ha già subito sei operazioni, la ricostruzione di una palpebra e una narice e sa che lo aspettano molti altri interventi e innesti di pelle. Stefano Savi, 25 anni, studente alla Bocconi e "modellaro" (security nei club, autista di starlette da passerella), scempiato la notte del 2 novembre 2014 sotto casa sua, in via Quarto Cagnino, di operazioni ne ha già passate 15, e per tentare di salvargli un occhio pensano a un trapianto con le staminali. Il più di assurdo è che l'unica "colpa" di Stefano sarebbe quella di somigliare come un gemello a un altro maschio da sistemare, l'assistente fotografo Giuliano Carapelli, colpito ma non affondato il 15 novembre in via Bixio. Quel giorno piove forte, Martina gli lancia addosso il liquido vendicatore ma lui si ripara con l'ombrello, la insegue fino alla macchina dove lei è fuggita, fotografa la targa col cellulare (l'auto, come in altri episodi, è la Punto nera di Magnani), le chiede "ma cosa ti ho fatto di male?", lei gli spruzza negli occhi dello spray al peperoncino, lui a quel punto corre via, sente qualcuno alle spalle, lo smartphone gli scivola dalla tasca, l'inseguitore, sarebbe Alexander, lo raccoglie e scompare. Cosa aveva fatto di male Carparelli? Un bacio spinto con Martina, una sera al Divina, forse qualcosa di più, chissà.

L’11 giugno 2015 Martina Levato e Alexander Boettcher ricevono la prima condanna dai giudici della nona sezione penale del Tribunale: 14 anni di carcere. Vengono stabiliti altri 3 anni di libertà vigilata a fine pena come misura di sicurezza e viene disposta una provvisionale di anticipo sul risarcimento da quantificare in sede civile di 1 milione di euro a favore della vittima e di altri 100mila ai genitori. Il tribunale ha escluso alla 'coppia diabolica' l'aggravante della crudeltà contestata dalla pubblica accusa riconoscendo tuttavia le aggravanti della premeditazione e dei motivi abbietti. Toccherà a un tribunale civile fissare l'entità del risarcimento dei danni a favore di Barbini. Per la prima volta la mamma di Alexander, Patrizia Ravasi, non era presente in aula.

Quando Martina Levato partorisce, il 15 agosto 2015, il Tribunale dei Minori decide che la madre potrà vedere tutti i giorni il suo bambino, nato all'alba del giorno di Ferragosto. Nel loro provvedimento "urgente e provvisorio" i giudici stabiliscono che la bocconiana non potrà allattare direttamente suo figlio, che le sue viste dovranno avere durata limitata e svolgersi obbligatoriamente alla presenza di un operatore socio-sanitario.

Successivamente Martina potrà vedere il bambino e farlo anche nei prossimi giorni, ma solo per un periodo di tempo limitato e sempre sotto l'osservazione di un assistente sociale. Una volta dimessa dalla clinica Mangiagalli, sarà trasferita insieme al figlio all'interno dell'Icam, l'istituto di custodia attenuata che accoglie le madri detenute. La sua patria potestà, così come quella di Alex, resta sospesa per effetto della pena accessoria disposta nell'ambito della condanna a 14 anni per l'aggressione con l'acido al Barbini. Questo fino alla conclusione del procedimento per l'adozione del piccolo che i giudici hanno avviato sulla base del ricorso presentato dal PM Fiorillo. E' un iter che potrebbe richiedere diversi mesi e comportare il coinvolgimento di consulenti esperti in psichiatria e pedagogia infantile. Sarà questa la vera partita su cui si gioca il futuro del figlio della cosiddetta "coppia diabolica". Gli avvocati delle difese puntano a portare a casa l'affidamento del bambino ai nonni. Per il momento, nel procedimento si sono costituti solo i genitori di Martina. I nonni paterni non hanno potuto ancora farlo poiché Alex non ha ancora riconosciuto il piccolo ma ha scritto una lettera al Garante dei Detenuti e all'amministrazione comunale milanese nella persona sindaco Giuliano Pisapia sollecitando chiarimenti sulle procedure da seguire.

Il 13 gennaio 2016 Martina Levato viene condannata a 16 anni di reclusione per l'aggressione di Stefano Savi (colpito per uno scambio di persona) cui si aggiungono i 14 anni che i giudici le avevano inflitto per un altro caso, quello dell’aggressione a Pietro Barbini. Il GUP di Milano Roberto Arnaldi, al termine del rito abbreviato, condanna anche un complice di Martina e del suo ragazzo, Alexander Boettcher: Andrea Magnani è condannato a 9 anni e 4 mesi.

Il giudice Arnaldi ha disposto pene inferiori alle richieste del pm Marcello Musso, ma “è stata riconosciuta la banda dell’acido e quindi c’è soddisfazione” dice il magistrato che ha coordinato le indagini. Il tribunale ha riconosciuto provvisionali di risarcimento per tutte le parti lese: un milione a testa per Savi e Barbini, 100mila euro per le rispettive famiglie, 50mila euro per Giuliano Carparelli (vero obiettivo dell’aggressione a Savi che in un altro episodio riuscì a proteggersi con un ombrello), altri 50mila per Antonio Margarito che subì un tentativo di evirazione da parte della Levato.

Il 15 marzo 2016: il legale di Martina Levato chiede che la sua assistita possa testimoniare nelle fasi finali del processo a carico di Alexander Boettcher. Già condannata per l'aggressione a Stefano Savi e Giuliano Carparelli, avrebbe l'intenzione di attribuire per intero le responsabilità a Boettcher, l'amante da cui ha avuto un figlio ad agosto 2015 e con il quale sarebbe terminato il "processo di allontanamento", scosì come riferito dal legale della donna, l'avvocato Guarini, tanto che i due già non si incontrerebbero più. Quindi: Martina Levato sarebbe pronta ad accusare Boettcher, al contrario di quanto avrebbe fatto finora, cercando di scagionarlo in ogni modo. La Procura di Milano si avvia ad opporsi alla richiesta, considerando la Levato niente di più di una sorta di manipolatrice.

31 marzo 2016: Boettcher viene condannato a 23 anni, nonostante 241 pagine di note conclusive e la richiesta: un'assoluzione piena in base ad un giudizio di "puro diritto". Non è stato invece acquisito agli atti - essendo arrivato fuori tempo massimo - il memoriale di Martina Levato in cui la donna accusa Boettcher di essere anche il "mandante" della tentata evirazione ai danni di Antonio Margarito (19 maggio 2014). I giudici quindi si sono espressi sui danni subiti da Stefano Savi (2 novembre 2014) e sulla tentata aggressione a Giuliano Carparelli (15 novembre 2014). L’accusa più pesante però è quella di associazione per delinquere che include l'agguato con l'acido a Pietro Barbini (28 dicembre 2014), per cui Boettcher e Levato hanno già ricevuto una condanna in primo grado, con rito abbreviato, a 14 anni. Levato è stata ulteriormente condannata ia 16 anni (sempre con rito abbreviato) per gli stessi episodi su cui ora è stato giudicato Boettcher (con rito ordinario e senza sconti di pena).

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